Senza capire il perché né il per come, vedere Roberto Ceriotti presentare un programma hip-hop mi ha toccato.
Stiamo parlando di un professionista nato con Bim Bum Bam e transitato ultimamente più per televendite che altro. Nel mezzo l'indimenticabile, epica avventura nei panni di Batroberto.
Mannaggia a Vacca, avrei voluto essere io su quel divano. Lo scoscio della co-conduttrice non avrebbe captato la minima attenzione, perché io sarei stato tutto per il mio eroe d'infanzia.
Ricevessi mai un invito per Rewind (pronunciare "reuìnd", à la Vasco, come Roberto stesso chiarisce subito), credo tirerei a Ceriotti una delle più epiche asciugate da dietro le quinte mai viste. Vorrei conoscere i segreti di Four e Ambrogio, sapere che ne è stato del povero Uan e, possibilmente, anche avere una descrizione del famigerato Brandolin, entità che turbò la quiete di tanti miei pomeriggi.
Non ce la farei, temo, a dirgli che secondo me lui in un programma hip-hop c'entri zero, e che quasi lo preferivo fra padelle e poltrone relax in quel cuneo spazio-temporale fra Beautiful e Centovetrine. Non vorrei tradire un mito, non vorrei rattristare un uomo, non vorrei nemmeno rischiare d'offendere un onesto lavoratore. Nonostante il mio parere rimanga quello, nonostante sarebbe bello che un programma hip-hop venisse condotto da chi di hip-hop ne sa.
Io ti abbraccio forte, Roberto Ceriotti. E, anche se mi ci vuole tutta, trattengo il sarcasmo che altri sciorineranno molto presto in cerca di facili "like".
Mi sbaglierò magari, ma io e te siamo parte della stessa Italia: quel guazzabuglio socio-professionale dove ai più tocca arrangiarsi. Ed è così che mentre tu devi guadagnarti la pagnotta maneggiando una materia di cui non sei esperto, io che esperto in materia lo sono mi ritrovo a fare altro. E così via, con la nazione inghiottita in un turbine che ci vorrebbe un supereroe per poter fermare. Uno come il tuo Batroberto, che alla fine riusciva sempre a trionfare sul perfido Jolly.
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