Due genialate, due storie che s'intrecciano.
Meglio di quando il cast di Beatiful incontrò il cast di Vivere c'è
solo la street-telenovela del momento: Supreme VS Supreme Barletta.
Il recap estensivo è qui. In sintesi: dei tizi USA rabbano il font a
un'artista e fanno decollare una linea di abbigliamento. Poi, straight
outta Apulia, dei tizi rabbano a questi il marchio (non registrato poiché rabbato) e
cominciano a smazzare magliette a nastro.
Genio e più genio. Sembra il newquel del film.
Gli americani sono stati geniali per quanto hanno imbastito dietro
un logo piatto, banale (e che potevano evitare di basare su font
rapinati).
10 e lode in marketing, hanno fatto di vestiario da skater un
emblema da collezione, giostrando magistralmente serie limitate,
prezzistica elevata e collaborazioni nell'ambito di riferimento.
Risultato: articoli esclusivi, da collezionisti, da "veri e
irriducibili". I ragazzini a scannarsi, tombola.
Poi arrivano i uaglio' di Barletta, ed è magia senza "quasi". Ciao, Johnny.
Articoli di successo + marchio non registrato = saltiamo sulla torta senza indugi.
Qualcuno dia a quegli uomini un pezzo di London School of Economics. (Volevo scrivere Bocconi per italianizzare la battuta. Ma alla fine: Bocconi suca!).
E mentre il dibattito è se la tua sia una Supreme o una Supreme
Barlètta, ecco che comunque uno dei loghi più banali della storia è
leggenda.
Con buona pace di tutti, apparente parte lesa inclusa (l'artista), che nonostante tutto
sta accrescendo il proprio seguito ed ha un motivo in più per far
parlare di sé.
Barletta capitale.
Barletta capitale.
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